Ha vinto il Sì al Referendum. Cosa succede adesso?
- Manuel De Maria
- 24 set 2020
- Tempo di lettura: 2 min

Il Referendum Costituzionale, per il quale siamo stati chiamati a votare Domenica 20 e Lunedì 21 Settembre, ha visto la vittoria del Sì con circa il 70% contro un risicato 30% del No. Come cambia l'assetto del paese
Il tanto atteso quanto discusso Referendum Costituzionale ha dato i suoi risultati qualche giorno fa. Si tratta del quarto referendum Costituzionale, primo dei quali abbiamo assistito ad una importante vittoria del Sì ai danni del No. Complice della disfatta, c'è da dirlo, una tardiva campagna elettorale del fronte del No e una aggressiva campagna del Sì, visto che, per ragioni logiche (e, se vi siete guardati attorno, populiste), non c'è stato "colore politico". Sia a destra che, ahimè, a sinistra, tutti sono stati propensi per il Sì. Ma cosa cambia adesso e di cosa ha bisogno il paese?
Legge elettorale
Una questione spinosa, inutile negarcelo: la legge elettorale, per ciò che prevede il Referendum, andava fatta prima e non anni dopo. Perché è di anni che parliamo. Il voto del Referendum sembra aver dato ossigeno al Governo e a questa legislatura, ragion per cui. se tutto rimanesse com'è adesso, potremmo parlare anche di 2021 inoltrato per una legge elettorale. Ricordiamo, infatti, che gli effetti del referendum entreranno in vigore solamente al termine dell'attuale legislatura, nel 2023. Una legge elettorale è più che necessaria e bisognosa della maggioranza. L'attuale "Germanicum" vede l'astensione dal voto di Leu e IV. Scontri anche con l'opposizione, che vorrebbero un maggioritario. C'è bisogno di una redistribuizione dei seggi e di un assetto elettorale che permetta alle regioni di essere correttamente rappresentate. La questione è ben più impegnativa del previsto.
Scioglimento anticipato delle Camere?
Un'opzione auspicata dall'opposizione. Tagliando il numero dei parlamentari, secondo Matteo Salvini, il Parlamento non sarebbe più espressione della volontà del popolo, alla luce anche dei risultati elettorali ottenuti nelle varie regioni. Uno scioglimento anticipato delle Camere ci porterebbe a nuove elezioni (riprendendo il discorso di prima, con la l.e del Rosatellum) e con il nuovo Parlamento pronto. Ma sarebbe un problema. Serve, comunque, la redistribuizione dei seggi e la rappresentanza delle regioni.
Superamento del Bicameralismo perfetto?
Sembra una provocazione, ma non lo è: a fronte di un taglio dei Parlamentari, il prossimo passo sarebbe quello di differenziare il lavoro della Camera e del Senato, rendendo di fatto il nostro sistema parlamentare basato su un bicameralismo imperfetto. In Europa siamo gli unici ad adottare questo tipo di forma di bicameralismo. Durante la stesura della primissima Carta, infatti, i padri costituenti decisero di assegnare stessi ruoli e stessi poteri alle due Camere, per evitare derive autoritarie. Ad oggi, probabilmente, il bicameralismo perfetto rallenta gli iter legislativi, rendendo di fatto tutto molto più macchinoso e lento. Inoltre, con l'attuale taglio dei parlamentari, ci ritroveremmo in una condizione ancora più congestionata. Il lavoro nelle Camere vedrebbe un incremento che porterebbe alcuni leggi a vedere rallentato il proprio procedimento confermativo. Risultato? Minor numero di rappresentanti, maggior lavoro e maggior tempo. Con il bicameralismo imperfetto, comunaque, andremmo a modificare uno degli aspetti fondamentali del nostro ordinamento. Che la maggioranza di oggi abbia i numeri e le competenze per farlo?
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