La politica del "meno peggio" non giova alla sinistra
- Manuel De Maria
- 18 ago 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Poco più di un mese dal voto: la campagna elettorale del centro sinistra verte troppo sulla parola "destra", poco su quella "programma" e per niente su quella "sinistra"
Il caldo di agosto non fa respirare nessuno, men che meno i leader che sono impegnati nella più rovente campagna elettorale degli ultimi 50 anni. Eppure, nonostante il caldo, stavo trovando il tempo di leggere il libro di Fabrizio Rondolino, edito da Rizzoli, "Il nostro Berlinguer", un viaggio temporale e fotografico della vita politica dell'ex segretario del PCI, partito che, dopo la sua dissoluzione subì varie trasformazioni, dal PDS con ancora la falce e il martello al centro del simbolo, alla più recente DS con il fiore socialista e, infine, all'odierno PD.
Durante la lettura mi chiedevo cosa non andasse nella campagna elettorale che proprio il Partito Democratico sta portando avanti nelle ultime settimane ma arrivare alla conclusione non è così semplice.
Una questione di lessico o di identità?
Come detto in apertura, leggendo il programma del Partito Democratico balza subito all'occhio l'impiego ben troppo frequente della parola "destra". In 30 pagine, questa compare 10 volte. La parola sinistra non trova spazio. Qual è la paura del PD nell'impiego di tale lessico che riconduce ad una ben più condivisa ideologia?
Perché di ideologia stiamo parlando: l'obiettivo è dichiarato: battere le destre. Non importa come (era stato incluso persino Calenda), non importa secondo quali pensieri interni. Importa farlo, bipolarizzando l'elettorato, di fatto, schierando una sorta di parte dei cattivi e dei buoni. Il PD, in questo caso, fa parte dei buoni. Ciò che mi domando, però, è: l'elettore del centro sinistra mai si sposterà verso il centro destra ed è forse su di lui che il Partito non punta particolarmente. Fa fede l'estrema convinzione che "se non è destra, va bene tutto e vanno bene tutti" quando non è così, perché curare innanzitutto i panni in casa dovrebbe essere la priorità del PD. Perché, allora, Letta, un ex DC, stava portando (anzi, ha portato ma dovremmo ringraziare Calenda se non è più così) il suo schieramento ad allearsi con transfughi di Forza Italia, gli stessi che criticavano il PD da anni quando facevano parte delle file degli azzurri?
Se non si cura il proprio elettore che, siamo sicuri, darà comunque il proprio supporto, dobbiamo andare dagli indecisi o dai più moderati ma anche per loro il discorso non cambia. Perché convincerli che il male maggiore sia la Meloni e non convincere, invece, che il bene maggiore è proprio la compagine del centrosinistra? Sia chiaro: il programma del PD, a parte un paio di punti, è estremamente condivisibile e affine ai miei ideali che sono del tutto pendenti a sinistra. Ma allora, perché non far leva sui temi? Forse, proprio a causa del calderone che Letta stava formando, c'è stata una perdita di identità non tracurabile. Il PD è grande: adesso deve sapere dove andare e, soprattutto, con chi.

Letta, se ci sei, batti un colpo
Nonostante l'operato di Letta non può essere bocciato in blocco alcune delle scelte fatte fino a qui sono perlomeno discutibili. A fare la differenza, come detto, saranno gli indecisi che prima dell'inizio della campagna elettorale erano circa il 40% stando ai sondaggi e che vanno adesso via via delineando la loro idea elettorale. Il messaggio della macchina propagandistica del Partito Democratico, fino ad ora, ha fatto i conti con tutto ciò che non deve essere l'Italia del domani: un paese governato dalla destra, amica di Orban, Putin eccetera. Su questo siamo tutti d'accordo, nessuno escluso. Il vero problema di tutto è quello che non è stato detto: gli slogan non servono e proprio dalla destra dovremmo impararlo: la politica non è dare risposte semplici a domande complesse, perché è questo che fa la propaganda degli avversari, bensì dare risposte concrete a questioni complesse. Enrico Letta, in questo momento, non è capace di battere pugno duro sulla linea politica da tenere. Si deve lavorare per gli studenti, per i giovani, per il lavoro e i lavoratori. per le donne, per i diritti sociali e civili, per l'equità sociale e il gender gap, per l'ambiente e la transizione ecologica, per uno Stato sociale più presente e meno nascosto.
A proposito di giovani: sono state da poco presentate le liste elettorali per tutte le circoscrizioni d'Italia. Perché non si è tenuto conto della giovanile del Partito, della quale io stesso faccio parte nella Segreteria Provinciale di Catania, andando a pescare elementi validi o, quanto meno, forti nel proprio territorio, specie quelli impegnati nelle università e nelle attività di volontariato? Non basta la candidatura di una dei due segretari dei Giovani Democratici Nazionale (due segretari!). La giovanile non è un barattolo di voti dal quale pescare ogni qualvolta c'è un tornaconto elettorale. Dalla giovanile si costruisce l'Italia progressista e di sinistra del domani
A noi non serve il meno peggio, a noi serve il meglio che si può avere
Mi hanno sempre insegnato a non accontentarmi mai. Il vizio della sinistra è quello che la contraddistingue da quando Silvio Berlusconi corre in politica: votate noi, perché loro non sono capaci.
Mi spiace, non funziona così. Se hanno vinto, vuol dire che sono capaci. Ecco, è questo che voglio spiegare. Non si costruisce una campagna elettorale sugli errori dell'avversario ma neanche sugli aspetti che per noi sono negativi. Perché così facendo puntiamo ad essere solo un passo avanti alle destre, mai dieci, cento. Puntiamo solo a vincere, ma non ci importa vincere per merito nostro, ci importa farlo per demerito loro. Questa politica ha di fatto annientato il centrosinistra e l'Italia negli ultimi anni: perché? La spiegazione è doppia.
Il centrosinistra è stato vittima di continue divisioni: non ho elencato a caso la storia dei partiti di sinistra dopo il PCI. All'appello manca la Margherita, comunque. Ma non conta questo. Che vantaggio porta l'avere una percentuale irrisoria solo per far prevalere UN singolo pensiero all'interno di una famiglia?
A forza di scegliere "noi e non loro" si è arrivati ad avere una classe politica degradata, nessuno escluso, che in primis non ci fa progradire (parlo da militante del centrosinistra) e, in secundis, ha prodotto il concetto del "meno peggio" che mal si sposa con l'aggettivo "migliore". Se qualcosa è di pessima qualità, io posso essere migliore ma sempre di pessima qualità posso rimanere.
Purtroppo, devo constatare che questa campagna elettorale sta andando ormai verso la direzione dell'assoluto nichilismo politico, che punta a conquistare seggi e arginare l'avanzata di una destra che ha sfruttato l'onda del momento per poter arrivare dov'è. E mentre loro avanzano senza neanche troppe difficoltà, noi arranchiamo dietro inutili attacchi che ci fanno perdere anche di credibilità. Puntare il dito non ha mai giovato a nessuno. Renzi e Calenda lo stanno sperimentando.
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